martedì 16 novembre 2010

La situazione della Tutela dei Beni Culturali in Italia.



Dopo il crollo della Domus dei Gladiatori di Pompei è noto che si sono susseguite polemiche su colpe e incompetenze, alimentando così ulteriormente la già scarsa reputazione, soprattutto internazionale, che l'Italia ha in merito alla tutela dei Beni Culturali. Ma a lasciare completamente allibiti, anche chi di restauri, conservazione e tutela dei beni culturali non ne mastica proprio, sono state le parole del Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali Andrea Carandini. In un'intervista rilasciata a Radio 1 il "Presidente" Carandini dice che il crollo è stato più un bene che un male, perchè a crollare è stato il restauro degli anni '40 che era stato eseguito con tecniche dell'epoca e perciò dannoso per l'edificio. Che sia stato dannoso, diciamo noi, sembra evidente, ma a questo punto sorge spontanea una domanda: ma il compito dei Beni Culturali non è quello di conservare i nostri beni, in questo caso archeologici, evitandone la rovina? Se sapevano che i restauri di più di 50 anni fa erano pericolosi per la stabilità dell'edificio non sarebbero dovuti intervenire per evitare le conseguenze poi avvenute? Che un "Presidente" dei Beni Culturali dichiari certe cose dimostra a mio avviso: che, nel suo caso, ancora non si è reso bene conto del ruolo in cui lo hanno messo, oppure, più in generale, che la tutela dei nostri beni è in mano a persone non professionalmente adatte e che in momenti come questo, come accade purtroppo e sempre in questo paese, nessuno, ma proprio nessuno, si prenda la responsabilità delle proprie azioni o, almeno, si assuma il compito di indicare i responsabili.


L'intervista a Carandini

giovedì 4 novembre 2010

La Colonna di Marco Aurelio

La Colonna di Marco Aurelio

Fu eretta in onore dell'imperatore Marco Aurelio dopo la sua morte, nel periodo compreso tra il 180 (anno della morte dell'imperatore) il 196 d.C. (anno in cui sappiamo da una iscrizione che Adrasto, custode della colonna, ottenne il permesso di servirsi delle impalcature di legno usate nella costruzione della colonna, per edificarsi una casa) e si trova ancora in piedi al centro di Piazza Colonna, a cui evidentemente ha dato il nome.
Originariamente il livello pavimentale su cui si appoggiava la colonna era più basso dell'attuale di circa 4 m. e comunque risultava rialzato (una sorta di grande platea) rispetto al livello della via Lata a cui era collegata probabilmente attraverso una scalinata.
Il basamento della colonna era in origine molto alto, circo 10,50 m. ed aveva decorazione con Vittorie che sostenevano festoni e una scena di sottomissione di barbari rivolta verso la via.
Tutto questo venne distrutto da Sisto V nel 1589, aiutato da Domenico Fontana, che rifece la base e identificando erroneamente la colonna con quella di Antonino Pio nell'iscrizione posta su di essa.
Il papa inoltre fece restaurare il fusto della colonna che presentava alcune lacune e mettere la statua di bronzo di S. Paolo sulla sommità (originariamente era qui collocata una statua bronzea di Marco Aurelio poi distrutta nel Medioevo).
L'altezza del fusto è di 29,60 m. (con la base 41,95 m.) ed è formato da 28 tamburi di marmo lunense sovrapposti. Inoltre all'interno venne scavato ottenendo una scala a chiocciola di 203 gradini, illuminata da 56 piccole finestre, che arriva fino alla sommità.
Sul fusto sono scolpite le immagini che ricordano le guerre sostenute da Marco Aurelio contro i Sarmati e i Marcomanni. Anche qui come nella Colonna Traiana, che è evidentemente il modello seguito, la narrazione si apre con il passaggio di un fiume, il Danubio, dell'esercito romano, seguono scene di battaglie e a metà la rappresentazione di una Vittoria divide due diversi episodi della guerra, riferibili agli anni 172-173 d.C. e agli anni 174-175 d.C.
A differenza dei rilievi della Colonna Traiana qui la raffigurazione è resa con maggiore profondità, con le figure più staccate dal fondo e si nota in tutta la composizione una spiccata tendenza alla schematizzazione.
Abbiamo notizie relative anche ad un tempio in onore di Marco Aurelio eretto da Commodo e sembra che questo edificio potesse trovarsi dietro la Colonna. Alcuni ritrovamenti in questa zona hanno infatti rivelato frammenti di soffitti e tegole marmoree riconducibili ad un edificio templare che potrebbe essere stato distrutto già nel Medioevo. Si Ipotizza inoltre in questa zona la presenza di un arco dedicato all'imperatore e i cui rilievi furono inseriti successivamente nell'Arco di Costantino.


martedì 2 novembre 2010

Il Teatro di Pompeo



Il teatro di Pompeo, il primo in muratura a Roma, fu iniziato ad essere costruito nel Campo Marzio nel 61 a.C. dopo il trionfo di Gneo Pompeo Magno e venne inaugurato nel 55 a.C. con grandiosi spettacoli offerti alla popolazione il cui ricordo è conservato negli scritti di molti autori antichi tra cui Cicerone.
La forma arrotondata della cavea del teatro può essere ancora oggi individuata nell'andamento curvo dei palazzi di via di Grottapinta, mentre il grande portico dietro la scena del teatro si estendeva fino a Largo Argentina. Si trattava del più grande edificio teatrale di Roma, di cui conosciamo la pianta conservata in un frammento della Forma Urbis severiana. La cavea con posti per almeno 20.000 persone aveva un diametro di 150 m., mentre la scena si sviluppava per una lunghezza di 90 m.
La struttura ad arcate era formata da pietra gabina e travertino, mentre la scena era costituita da tre esedre con colonne, le due laterali semicircolari e la centrale rettangolare. Sulla scena inoltre sappiamo che erano collocate delle statue raffiguranti le Muse ed Apollo, mentre altre 14 statue, eseguite dallo scultore Coponio, raffiguranti le nazioni sottomesse da Pompeo dovevano essere esposte nel vicino Ecatostylum (il portico dalle cento colonne).
Le statue della scena, di cui una conservata al Museo di Napoli e un'altra al Museo del Louvre, erano alte 4 m. La cavea era sovrastata da un tempio dedicato a Venere Vincitrice, nella zona del Palazzo Pio-Righetti, che si trovava ad una altezza di circa 45 m.
Al teatro era annesso un grande portico dietro la scena che misurava 180 x 135 m., ed era caratterizzato da una doppia file di colonne lungo i lati e dallo spazio centrale aperto che costituiva un vero e proprio parco pubblico con fontane, aiuole e boschetti di platani, le cui tracce sono state trovate sotto il Teatro Argentina. Al centro del lato minore opposto al teatro, adiacente ai templi di Largo Argentina, si trovava la Curia di Pompeo (i resti si vedono dietro il tempio B di Largo Argentina) sede di alcune riunioni del Senato e dove si trovava una grande statua di Pompeo sotto la quale avvenne l'assassinio di Cesare alle idi di marzo del 44 a.C. All'interno del portico trovavano posto numerose opere d'arte di pittori e scultori greci, come Policleto, Pausia, Nicia e Antifilo.
Il Teatro fu restaurato varie volte a partire da Augusto e fino al V secolo d.C., e sempre in seguito ad incendi che ne danneggiarono le strutture. I resti del teatro, con murature in opera reticolata, sono conservati nelle cantine dei moderni edifici della zone e in particolar modo in quelle di via del Biscione e di via di Grottapinta.