Il sepolcro degli Scipioni è situato tra la via Latina e la via Appia, più vicino a quest’ultima, poco prima di Porta S. Sebastiano. Venne scoperto una prima volta nel 1616 e poi più di un secolo dopo nel 1780, quando i proprietari del terreno, i fratelli Sassi, scoprirono iscrizioni e sarcofagi in esso contenuti. Soltanto nel 1926-1928 però si completò lo scavo del sepolcro e si provvide al restauro della struttura, con la sistemazione di copie delle iscrizioni e dei sarcofagi che già si trovavano altrove.
Il Sepolcro venne scavato nel tufo all’inizio del III secolo a.C. per iniziativa di uno dei membri della famiglia degli Scipioni e fu utilizzato fino alla metà del II secolo a.C. quando si rese necessario un ampliamento che venne affiancato alla struttura originale.
La facciata del sepolcro si trovava sulla strada che univa la via Appia alla Latina e venne rifatta al momento della costruzione dell’ampliamento del sepolcro nel II secolo a.C., probabilmente per iniziativa di Scipione Emiliano. Oggi della facciata monumentale non rimane quasi niente, solo la parte inferiore, ma sappiamo che era formata da un basamento in blocchi di tufo con modanatura superiore a sostenere un prospetto con semicolonne e probabilmente tripartito per le tre statue che vi trovavano posto, e che raffiguravano Scipione Africano, il poeta Ennio e Scipione Emiliano. La parte inferiore della facciata presenta tracce di pittura con motivo a onde e scene di probabile soggetto militare, e in essa si aprivano le tre porte ad arco che davano accesso al sepolcro. Quella al centro dava accesso alla parte più antica del sepolcro, formato da un grande ambiente con quattro pilastri di tufo risparmiati durante lo scavo, con i sarcofagi disposti lungo le pareti.
In posizione centrale e in asse con l’ingresso centrale del sepolcro si trova il grande sarcofago (l’originale è ai Musei Vaticani) di Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 a.C., con iscrizione del nome sul coperchio e altra iscrizione sulla cassa in versi saturni che ne ricorda le imprese. Ci sono poi altri sarcofagi di appartenenti alla famiglia che qui vennero deposti al momento della loro morte, come L. Cornelio Scipione, figlio di Barbato e console nel 259 a.C. e Publio Cornelio Scipione, forse il figlio dell’Africano (che fu sepolto no qui ma nella sua villa di Liternum), morto in giovane età. Seguono poi tutta una serie di altri membri della famiglia.
Il sepolcro venne parzialmente riutilizzato in età giulio-claudia dalla famiglia dei Corneli Lentuli, eredi dei Corneli Scipioni, di cui si sono trovavate le iscrizioni e i loculi per incinerazione.
In prossimità del sepolcro si trova anche un colombario ipogeo formato da un unico ambiente con due pilastri e alle pareti quattro file sovrapposte di nicchie per le urne cinerarie con pitture e stucchi.
Il sepolcro degli Scipioni ormai abbandonato, venne danneggiato nel III secolo d.C. dalla costruzione su di esso (in particolare sull’ampliamento del II secolo a.C.) di una casa a più piani le cui strutture sono ancora visibili.
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