giovedì 27 gennaio 2011

Mura Serviane



Secondo la tradizione romana il re Servio Tullio nel VI secolo a.C. avrebbe costruito una poderosa cinta muraria per la difesa di roma, città in espansione ormai ben fuori dal primo muro di Romolo creato per la città appena nata sul Palatino. Rimangono ancora molti tratti delle mura Serviane, e lo studio di queste strutture superstiti ha portato l’archeologia ad una datazione differente da quella della tradizione, portando queste mura al IV secolo a.C. Ma ovviamente le mura giunte fino ai nostri giorni possono benissimo testimoniare un rifacimento o una ricostruzione con blocchi in tufo di Grotta Oscura di una cinta muraria più antica che doveva essere eretta con blocchi di cappellaccio. Infatti tratti del muro di VI secolo a.C. sono state ritrovate sul Viminale presso le Terme di Diocleziano e sull’Aventino sotto la chiesa di S.Sabina, con parti di restauro di IV secolo a.C. con blocchi di tufo di Grotta Oscura.
La cinta di IV secolo a.C. venne costruita dopo la famosa invasione gallica del 390 a.C. e più precisamente sappiamo che la sua costruzione venne iniziata nel 378 a.C. e proseguita con diversi cantieri che lavoravano contemporaneamente nelle varie zone della città. La tecnica costruttiva però è ovunque la stessa, con blocchi di tufo alternati di testa e di taglio a comporre un muro dall’altezza di circa 10 m., con uno spessore che arriva fino ai 4 m. e formando un perimetro di 11 km. racchiudendo una superficie di 426 ettari. Di questa cinta il tratto più fortificato (circa 1300 m.) era quello composto dall’Agger, che doveva difendere il lato più debole della città, cioè il versante del Quirinale-Viminale-Esquilino. Questo Agger era costituito da un grandioso fossato, profondo più di 10 m., con retrostante terrapieno contenuto da un muro alto 10 m. Nel corso dei secoli le mura vennero più volte restaurate, almeno fino alle guerre tra Mario e Silla nella prima metà del I secolo a.C.
Nelle Mura Serviane si aprivano diverse porte per l’ingresso e l’uscita dalla città. Partendo dal Celio troviamo la Porta Querquetulana (che doveva aprirsi nell’area vicino alla chiesa dei SS. Quattro Coronati), quindi la Porta Celimontana (ancora visibile nella sua trasformazione augustea in Arco di Dolabella), segue la Porta Capena vicino il lato curvo del Circo Massimo) da dove usciva la via Appia, poi la Porta Naevia, La Porta Rauduscolana e la Porta Lavernalis nel tratto di mura che cingeva l’Aventino, la Porta Trigemina (vicino S. Maria in Cosmedin), la Porta Flumentana (nell’area del Tempio di Portuno), la Porta Carmentalis (nell’area di S. Omobono), quindi nel tratto del Campidoglio la Porta Catularia e la Porta Fontinalis (dove è il Museo del Risorgimento), la Porta Sanqualis (Largo Magnanapoli), la Porta Salutaris e la Porta Quirinalis sul Quirinale, la Porta Collina (ex Ministero delle Finanze), la Porta Viminalis (Piazza dei Cinquecento) sul Viminale nel tratto dell’Agger, e infine la Porta Esquilina (trasformata poi nell’Arco di Gallieno in via Carlo Alberto) sull’Esquilino.
Resti delle cd Mura Serviane possono vedersi in varie parti della città: un poderoso tratto di mura si trova in viale Aventino (con un arco per balista), altri resti in via di S. Anselmo e sotto S. Sabina; blocchi delle mura sono visibili sul Campidoglio e sul Quirinale alla Salita del Grillo e in Largo Magnanapoli, un arco con conci di tufo è visibile nel Palazzo Antonelli; tratti di mura sono inoltre in via Salandra e via Carducci e ancora in Piazza dei Cinquecento e Piazza Manfredo Fanti; infine altri resti possono vedersi vicino l’Auditorium di Mecenate in Piazza Leopardi.


mercoledì 12 gennaio 2011

Ara di Marte



Un antico santuario di Marte diede il nome alla vasta pianura nel settore a nord-ovest di Roma subito fuori le mura della città, il Campo Marzio. Connesso con le attività militari che si svolgevano in questa zona, il santuario, certamente già presente in età repubblicana, era costituito da un altare dedicato al dio della guerra.
Sappiamo dalle fonti antiche (Livio 35, 10, 12) che costituiva quasi un unico complesso strutturale con i Saepta e la Villa Publica e che dal 193 a.C. era collegato alla Porta Fontinalis delle Mura Serviane da un portico. Da questi dati è probabile che l’ara di Marte dovesse trovarsi a non molta distanza dalle mura e più precisamente in prossimità della zona compresa tra le odierne piazza Venezia e piazza del Collegio Romano, luogo oggi occupato dal Palazzo Doria-Pamphili.
Nel 1925 vennero scoperti sotto via del Plebiscito i resti di un edificio monumentale, probabilmente un recinto, che doveva continuare in direzione di via della Gatta anche sotto Palazzo Doria-Pamphili. Si tratta di un muro perimetrale, con nicchie per statue, di una lunghezza di circa 60 m. In base ai dati desunti dalle fonti si pensa che al centro di questo recinto possa trovarsi l’Ara Martis, l’altare di Marte che diede il nome al Campo Marzio.

venerdì 24 dicembre 2010

I Saturnalia



Il 17 dicembre nel calendario romano era la festa per la conclusione dei lavori sui campi dopo la semina invernale, festa dedicata a Saturno, dio dell'agricoltura. Originariamente questa festa aveva inizio con un sacrificio al tempio di Saturno cui seguiva una grande euforia dei cittadini per tutto il giorno e fino a notte fonda. I Saturnali che al principio duravano un solo giorno vennero portati a sette giorni (17-23) verso la fine del I secolo d.C.
Caratteristica di questa festa era l'evasione dalla normalità, infatti durante i Saturnali oltre alla sfrenatezza consentita cadevano le barriere sociali. Gli schiavi potevano dire ai loro padroni tutto ciò che pensavano senza essere puniti, almeno gli schiavi di città, ma sappiamo di agevolazioni anche per gli schiavi che vivevano in un regime più duro, come quelli che lavoravano nelle campagne. Per gli uomini liberi la festa era sinonimo di riposo dai lavori, infatti tribunali e scuole restavano chiuse, e soprattutto di una allegria sfrenata, chiassosa, con attività folli e giochi d'azzardo che erano consentiti solo durante questi giorni. Questa caratteristica di allegra euforia è stata ereditata dal nostro Carnevale.
Un altro elemento dei Saturnali è stato assimilato in una nostra festività. Si tratta dell'uso di scambiarsi dei doni, passato nel nostro Natale. Originariamente durante la festa di Saturno ci si regalava piccole statuette di terracotta e candele, ma nel corso dei secoli i tipi di regalo divennero i più diversi, proprio come si usa ancora oggi.
Interessante notare come un mercatino tipico dei regali per i Saturnali caratterizzasse la zona dei Saepta, non lontano dall'attuale Piazza Navona dove ancora oggi si svolge nei mesi di dicembre e gennaio il mercato natalizio per eccellenza di Roma.

mercoledì 1 dicembre 2010

Terme di Nerone



Le terme neroniane furono il secondo grande complesso termale dopo quello di Agrippa costruite nel Campo Marzio, e furono le prime ad assumere l'impianto assiale e simmetrico tipico delle terme imperiali.
Furono realizzate sotto l'impero di Nerone intorno al 62 d.C. nella zona oggi compresa tra Piazza della Rotonda, Corso Rinascimento, via delle Coppelle e via dei Crescenzi, ed erano conosciute anche con il nome di Gymnasium Neronis. Dovevano avere un'estensione di circa 25.000 mq e misurare circa 190 x 120 m. Le terme vennero restaurate da Alessandro Severo nel 227 d.C., senza subire alterazioni alla loro planimetria e assumendo da quel momento il nome di Thermae Alexandrinae.
Come le vicine Terme di Agrippa anche queste venivano alimentate dall'acquedotto dell'Aqua Virgo. La planimetria dell'edificio venne disegnata nel Rinascimento e verificata con i resti conservati. Al centro delle terme si trovavano gli ambienti della natatio, un'aula di tipo basilicale e il tepidarium e il calidarium, quest'ultimo absidato. Sui due lati, simmetrici, un cortile porticato con colonne (il Ginnasio) con abside e una grande sala a cui si affiancavano vari ambienti.
Di questo grande complesso rimangono soltanto pochi resti, dei muri sotto Palazzo Madama e Palazzo Giustiniani, ancora sotto Palazzo Patrizi e in Piazza Rondanini. Due colonne di granito con capitelli di marmo appartenenti alle terme furono scoperte nel 1934 davanti S. Luigi dei Francesi, e vennero poi rialzate in via Giovanna D'Arco sul lato della chiesa di S. Eustachio. Altre due colonne appartenenti a questo complesso termale furono usate nel 1666 da papa Alessandro VII per sostituirne altrettante danneggiate nell'angolo sinistro del pronao del Pantheon. Una ulteriore colonna di granito rosa trovata nella salita dei Cescenzi nel 1875 fu rialzata davanti alla breccia di Porta Pia in occasione del venticinquesimo anniversario della presa di Roma.
Di queste terme neroniane che dovevano essere assai sfarzose per la loro ricca decorazione rimane il ricordo in Marziale che non trovava nessuno peggiore di Nerone, ma niente meglio delle sue terme.


martedì 16 novembre 2010

La situazione della Tutela dei Beni Culturali in Italia.



Dopo il crollo della Domus dei Gladiatori di Pompei è noto che si sono susseguite polemiche su colpe e incompetenze, alimentando così ulteriormente la già scarsa reputazione, soprattutto internazionale, che l'Italia ha in merito alla tutela dei Beni Culturali. Ma a lasciare completamente allibiti, anche chi di restauri, conservazione e tutela dei beni culturali non ne mastica proprio, sono state le parole del Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali Andrea Carandini. In un'intervista rilasciata a Radio 1 il "Presidente" Carandini dice che il crollo è stato più un bene che un male, perchè a crollare è stato il restauro degli anni '40 che era stato eseguito con tecniche dell'epoca e perciò dannoso per l'edificio. Che sia stato dannoso, diciamo noi, sembra evidente, ma a questo punto sorge spontanea una domanda: ma il compito dei Beni Culturali non è quello di conservare i nostri beni, in questo caso archeologici, evitandone la rovina? Se sapevano che i restauri di più di 50 anni fa erano pericolosi per la stabilità dell'edificio non sarebbero dovuti intervenire per evitare le conseguenze poi avvenute? Che un "Presidente" dei Beni Culturali dichiari certe cose dimostra a mio avviso: che, nel suo caso, ancora non si è reso bene conto del ruolo in cui lo hanno messo, oppure, più in generale, che la tutela dei nostri beni è in mano a persone non professionalmente adatte e che in momenti come questo, come accade purtroppo e sempre in questo paese, nessuno, ma proprio nessuno, si prenda la responsabilità delle proprie azioni o, almeno, si assuma il compito di indicare i responsabili.


L'intervista a Carandini

giovedì 4 novembre 2010

La Colonna di Marco Aurelio

La Colonna di Marco Aurelio

Fu eretta in onore dell'imperatore Marco Aurelio dopo la sua morte, nel periodo compreso tra il 180 (anno della morte dell'imperatore) il 196 d.C. (anno in cui sappiamo da una iscrizione che Adrasto, custode della colonna, ottenne il permesso di servirsi delle impalcature di legno usate nella costruzione della colonna, per edificarsi una casa) e si trova ancora in piedi al centro di Piazza Colonna, a cui evidentemente ha dato il nome.
Originariamente il livello pavimentale su cui si appoggiava la colonna era più basso dell'attuale di circa 4 m. e comunque risultava rialzato (una sorta di grande platea) rispetto al livello della via Lata a cui era collegata probabilmente attraverso una scalinata.
Il basamento della colonna era in origine molto alto, circo 10,50 m. ed aveva decorazione con Vittorie che sostenevano festoni e una scena di sottomissione di barbari rivolta verso la via.
Tutto questo venne distrutto da Sisto V nel 1589, aiutato da Domenico Fontana, che rifece la base e identificando erroneamente la colonna con quella di Antonino Pio nell'iscrizione posta su di essa.
Il papa inoltre fece restaurare il fusto della colonna che presentava alcune lacune e mettere la statua di bronzo di S. Paolo sulla sommità (originariamente era qui collocata una statua bronzea di Marco Aurelio poi distrutta nel Medioevo).
L'altezza del fusto è di 29,60 m. (con la base 41,95 m.) ed è formato da 28 tamburi di marmo lunense sovrapposti. Inoltre all'interno venne scavato ottenendo una scala a chiocciola di 203 gradini, illuminata da 56 piccole finestre, che arriva fino alla sommità.
Sul fusto sono scolpite le immagini che ricordano le guerre sostenute da Marco Aurelio contro i Sarmati e i Marcomanni. Anche qui come nella Colonna Traiana, che è evidentemente il modello seguito, la narrazione si apre con il passaggio di un fiume, il Danubio, dell'esercito romano, seguono scene di battaglie e a metà la rappresentazione di una Vittoria divide due diversi episodi della guerra, riferibili agli anni 172-173 d.C. e agli anni 174-175 d.C.
A differenza dei rilievi della Colonna Traiana qui la raffigurazione è resa con maggiore profondità, con le figure più staccate dal fondo e si nota in tutta la composizione una spiccata tendenza alla schematizzazione.
Abbiamo notizie relative anche ad un tempio in onore di Marco Aurelio eretto da Commodo e sembra che questo edificio potesse trovarsi dietro la Colonna. Alcuni ritrovamenti in questa zona hanno infatti rivelato frammenti di soffitti e tegole marmoree riconducibili ad un edificio templare che potrebbe essere stato distrutto già nel Medioevo. Si Ipotizza inoltre in questa zona la presenza di un arco dedicato all'imperatore e i cui rilievi furono inseriti successivamente nell'Arco di Costantino.


martedì 2 novembre 2010

Il Teatro di Pompeo



Il teatro di Pompeo, il primo in muratura a Roma, fu iniziato ad essere costruito nel Campo Marzio nel 61 a.C. dopo il trionfo di Gneo Pompeo Magno e venne inaugurato nel 55 a.C. con grandiosi spettacoli offerti alla popolazione il cui ricordo è conservato negli scritti di molti autori antichi tra cui Cicerone.
La forma arrotondata della cavea del teatro può essere ancora oggi individuata nell'andamento curvo dei palazzi di via di Grottapinta, mentre il grande portico dietro la scena del teatro si estendeva fino a Largo Argentina. Si trattava del più grande edificio teatrale di Roma, di cui conosciamo la pianta conservata in un frammento della Forma Urbis severiana. La cavea con posti per almeno 20.000 persone aveva un diametro di 150 m., mentre la scena si sviluppava per una lunghezza di 90 m.
La struttura ad arcate era formata da pietra gabina e travertino, mentre la scena era costituita da tre esedre con colonne, le due laterali semicircolari e la centrale rettangolare. Sulla scena inoltre sappiamo che erano collocate delle statue raffiguranti le Muse ed Apollo, mentre altre 14 statue, eseguite dallo scultore Coponio, raffiguranti le nazioni sottomesse da Pompeo dovevano essere esposte nel vicino Ecatostylum (il portico dalle cento colonne).
Le statue della scena, di cui una conservata al Museo di Napoli e un'altra al Museo del Louvre, erano alte 4 m. La cavea era sovrastata da un tempio dedicato a Venere Vincitrice, nella zona del Palazzo Pio-Righetti, che si trovava ad una altezza di circa 45 m.
Al teatro era annesso un grande portico dietro la scena che misurava 180 x 135 m., ed era caratterizzato da una doppia file di colonne lungo i lati e dallo spazio centrale aperto che costituiva un vero e proprio parco pubblico con fontane, aiuole e boschetti di platani, le cui tracce sono state trovate sotto il Teatro Argentina. Al centro del lato minore opposto al teatro, adiacente ai templi di Largo Argentina, si trovava la Curia di Pompeo (i resti si vedono dietro il tempio B di Largo Argentina) sede di alcune riunioni del Senato e dove si trovava una grande statua di Pompeo sotto la quale avvenne l'assassinio di Cesare alle idi di marzo del 44 a.C. All'interno del portico trovavano posto numerose opere d'arte di pittori e scultori greci, come Policleto, Pausia, Nicia e Antifilo.
Il Teatro fu restaurato varie volte a partire da Augusto e fino al V secolo d.C., e sempre in seguito ad incendi che ne danneggiarono le strutture. I resti del teatro, con murature in opera reticolata, sono conservati nelle cantine dei moderni edifici della zone e in particolar modo in quelle di via del Biscione e di via di Grottapinta.